IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Premesso   che   a  seguito  di  richiesta  di  rinvio  a  giudizio
 Mastrogregori Giuseppina, in atti generali note doveva rispondere del
 reato p.e.p.  dall'art. 1 della legge n. 516/1982,  che  la  pubblica
 accusa  chiedeva  il rinvio a giudizio, laddove la difesa chiedeva il
 non luogo a procedere con la formula "perche' il fatto  non  e'  piu'
 previsto  dalla  legge come reato" atteso il principio di specialita'
 nella riforma delle sanzioni amministrative, di cui all'art. 3, comma
 133 della legge 23 dicembre 1996, n. 662  (legge  finanziaria)  e  il
 caso  concreto,  art,  1,  sesto comma, d.-l. 10 luglio 1982, n. 429,
 convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1982, n. 516,  la
 cui violazione e' punita con sanzione amministrativa, e, in subordine
 la  rimessione  degli  atti  alla  Corte costituzionale, in quanto, i
 decretio legislativi n. 471 e n. 472 del 18 dicembre 1997, emessi  in
 attuazione  della  delega  e,  in particolare il n. 472, risulterebbe
 incostituzionale nella parte in cui non prevede "l'applicazione della
 sola disposizione speciale in uno  stesso  fatto  e'  punito  da  una
 disposizione   penale   e   da   una   che   prevede   una   sanzione
 amministrativa";
   Tanto premesso;
                             O s s e r v a
   E' principio cardine del nostro ordinamento che  quando  una  nuova
 norma  non  prevede  piu'  come  reato un fatto che in precedenza era
 considerato tale, si applica il principio della retroattivita'  della
 legge  nuova,  piu'  favorevole  al reo, ma che tale principio non si
 applica nel caso  di  legge  temporanea,  eccezionale  (quarto  comma
 dell'art.    2) e finanziaria (art. 20 legge 7 gennaio 1929) e che in
 tali casi si applicano solo e sempre le disposizioni  in  vigore  nel
 tempo in cui e' stato commesso il fatto.
   Tuttavia,  gia' in passato sono state rimesse al vaglio della Corte
 costituzionale diverse  ordinanze  sulla  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  20  citato  per sospetto contrasto con gli
 artt. 3 e 25, secondo comma della Costituzione e gia' allora la Corte
 costituzionale  sostenne  la   legittimita'   della   differenza   di
 trattamento  sulla  "maggiore  incisivita'  di  tutela dell'interesse
 dello Stato alla riscossione dei tributi", richiamandosi all'art.  53
 della Costituzione.
   Orbene,  situare  questo  giudice  che  la  questione  debba essere
 riesaminata dopo l'entrata in vigore della legge 23 dicembre 1996, n.
 662, art.  3, comma 133, lett. e), lett. i)  e  lett.  r)  (revisione
 della  applicazione  della  sola  disposizione speciale se uno stesso
 fatto e' punito da una disposizione penale e da una che  prevede  una
 sanzione amministrativa).
   In  attuazione  della  delega,  il  Governo  ha  emanato il decreto
 legislativo n. 471 e n. 472 del 18 dicembre 1997. Gli artt. 3,  comma
 2  e 3; l'art.  29, comma 1, lett. a) e comma 2 del citato decreto, e
 cioe' del n.  472 nulla dicono circa  il  principio  di  specialita',
 ancorche'  espressamente  demandato dal legislatore alla lett. e) del
 comma 133 dell'art.  3  della  legge  n.  662/1996,  che,  in  quanto
 legge-delega,  ha comunque valore di legge, idonea ad inserirsi in un
 principio di successione della norma nel tempo;
   Pertanto sembra  non  manifestatamente  infondata  a  prevedere  la
 vigenza  attuale della intangibilita' del principio sancito dall'art.
 20 della legge 7 gennaio 1929 in relazione agli artt. 3, comma 2 e 3,
 art.  29. comma 1, lett. e) comma 2 del d.-l. 18  dicembre  1997,  n.
 472  con  gli  artt.  3  e  25,  secondo  comma,  53 e 76 della Corte
 costituzionale.